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lunedì 4 aprile 2016

Non "una cum"

R.P. M.L. Guérard des Lauriers : “Le Messe tradizionali, celebrate con menzione di Giovanni Paolo II nel corso del Te igitur”.

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« […] Sodalitium: Cosa ne pensate delle Messe tradizionali celebrate da dei sacerdoti che, pur essendo critici nei riguardi di Roma, sostengono che Giovanni Paolo II è veramente Papa e lo nominano nel Te igitur, nel corso del Canone della Messa?

Mons. G.: Messe tradizionali, celebrate con menzione di Giovanni Paolo II nel corso del Te igitur.

Il sacerdote che celebra una tal Messa pronuncia le seguenti parole : “In primis quae Tibi offerimus pro Ecclesia Tua sancta catholica … : una cum famulo tuo Papa nostro Johannes Paulo …”. Queste Messe sono comunemente desigante con il nome di  : “MESSE UNA CUM”.

È necessario, in questa proclamazione, considerare due cose : d’un lato ciò che vi è direttamente significato; dall’altro, ciò che vi si trova indirettamente significato, a causa del contesto.

[I.] Ciò che è direttamente significato dalla formula : “una cum”. Il delitto di sacrilegio.

Il senso generale della supplica è determinato dalle parole : “quae tibi offerimus pro …”. Ma, checché ne sia di questo senso generale, la locuzione UNA CUM afferma che la Chiesa [di Cristo e di Dio : “tua”], santa e cattolica, è “una cum” il servo di Dio che è nostro Papa Giovanni Paolo II. La locuzione UNA CUM afferma dunque che, reciprocamente, Mons. Wojtyla è “UNO”, (insieme), CON” [è una cosa sola con] la Chiesa di Gesù Cristo, santa e cattolica. Ora, l’abbiamo dimostrato [2a.γ], questa affermazione è un errore. Perché, dato che W. persiste a proferire ed a promulgare l’eresia, non può essere il Vicario di Gesù Cristo; non può, in quanto “papa” come si dovrebbe [famulo tuo Papa nostro], essere “una sola cosa con” la Chiesa di Gesù Cristo. L’una cum afferma dunque, e proclama, un errore, concernente CONCRETAMENTE la Fede.

Essendo così, bisogna concludere che la Messa “una cum” è “ex se” oggettivamente macchiata di sacrilegio. La Messa, difatti, è l’azione sacra per eccellenza, poiché il Sacerdote opera “in Persona Christi”. E se questo ruolo strumentale concerne eminentemente l’atto consacratorio, è egualmente realizzato per derivazione durante ciò che precede e prepara quest’atto, o ne segue immediatamente. Ora, tutto ciò che include un’azione sacra deve essere puro, vale a dire conforme a ciò che ne esige la natura. Una proclamazione che specifica immediatamente l’esercizio concreto della Fede, deve sempre essere VERA, tenuto conte della Fede stessa. Deve esserla, ad un secondo titolo, se è fatta durante un’azione sacra. Dunque, se una proclamazione che specifica immediatamente l’esercizio concreto della Fede è fatta durante un’azione sacra, e se è erronea, costituisce IPSO FACTO ED OGGETTIVAMENTE UN DELITTO, non solo contro la Fede ma anche contro l’azione sacra. Una tale proclamazione è dunque macchiata [ipotecata] d’un delitto che è del genere : “sacrilegio” : e ciò OGGETTIVAMENTE ED INELUTTABILMENTE, checché ne sia del peccato commesso dai partecipanti [cf. 6].

[II.] Ciò che è indirettamente consignificato dalla formula “una cum”. Il delitto di Scisma Capitale.

“Quae tibi offerimus pro …” Si tratta di una offerta che è fatta IN FAVORE DI. Ecco ciò che è significato direttamente. Per questo qualcuno [specialmente Dom Gerard Calvet o.s.b.] ha preteso che al Te igitur si preghi per il Papa e per nulla CON il Papa. Si tratta di una veduta superficiale. Infatti, bisogna osservare che in questa prima parte del Te igitur, il Papa è considerato IN QUANTO PAPA, poiché, precisamente, è menzionato “una cum Ecclesia”. (4)

D’altronde, l’applicazione del frutto della Messa [“pro”], richiesta come aleatoria in favore delle persone private nei due Memento, è richiesta nel Te igitur : IN MODO EGUALE, unitamente [una cum] in favore della Chiesa e del Papa, come GRATUITA, certo, “ex parte Dei”, ma come NECESSARIA poiché CERTA “ex parte nostri”.

Da quest’ultima osservazione, risulta la seguente conseguenza.

Ricordiamo che l’applicazione “del merito” non è necessaria [o : “de condigno”] che in due casi, ovvero : 1) Questa “applicazione” è fatta da Cristo in persona : Lui, e Lui solo, merita, IN DIRITTO, per gli altri; 2) Questa “applicazione” è fatta alla persona stessa che acquista il merito : ciascuno merita “de condigno”  per se stesso. Dunque, siccome l’applicazione del frutto della Messa è fatta di DIRITTO a persona morale che costituisce UNITAMENTE ed in modo eguale [una cum] la Chiesa ed il Papa, È NECESSARIO che questa STESSA persona morale sia al principio del Sacrificio di cui essa ha il DIRITTO di ricevere il frutto. D’altronde, si afferma comunemente che, se la Messa è primordialmente il Sacrificio di Cristo, essa è egualmente ed unitamente il Sacrificio della Chiesa [È per questo che, se il Sacerdote che offre il Sacrificio, QUANTO ALL’ESERCIZIO DELL’ATTO, opera in Persona Christi, senza mediazione della Chiesa, QUANTO ALLA SPECIFICAZIONE DELL’ATTO, il Sacerdote non può operare che NELLA MEDIAZIONE DELLA CHIESA. Poiché solamente la Chiesa ha divinamente qualità per garantire con certezza : la conformità alla Verità dell’articolo che promulga nel Nome di Cristo; la conformità alla Realtà del rito che essa prescrive in Nome di Cristo. (Il Sacerdote che fa uso di un rito prende ipso facto l’intenzione dell’autorità che è responsabile di questo rito… s’intravvedono tutte le conseguenze!)].

E, nella Chiesa in ordine, tramite la mediazione esercitata dalla Gerarchia, è il Papa in definitiva che conferisce la “missione” di celebrare qualsiasi Messa. Il Papa è, nella Chiesa, il “Sommo Pontefice”. Ed è perché Chiesa e Papa unitamente [una cum] comandano alla Chiesa militante l’offerta del Sacrificio proprio a questa Chiesa, che hanno DIRITTO “in primis” al frutto di questo Sacrificio : nell’ORDINE CREATO, essi sono “in primis” quanto al TERMINE [cioè l’applicazione del frutto], perché SONO “in primis” quanto al PRINCIPIO [cioè l’intimazione della celebrazione].

Da tutto ciò deriva la qualificazione che conviene attribuire alla Messa tradizionale “una cum”.

Una simile Messa è valida [supponendo che il sacerdote sia stato ordinato validamente!], a causa del rito che, come il Deposito, resta divinamente garantito dal Magistero della Chiesa. Ma, checché ne voglia SOGGETTIVAMENTE il celebrante, l’atto che pone comporta OGGETTIVAMENTE ed INELUTTABILMENTE l’affermazione di essere in comunione con [una cum], e persino sotto la DIPENDENZA [papa nostro] di una persona in stato di scisma capitale. L’atto d’una celebrazione simile è dunque macchiato di un delitto che è del genere : “scisma”; ciò OGGETTIVAMENTE ED INELUTTABILMENTE, checché ne sia del peccato commesso dai partecipanti : prete celebrante, fedeli assistenti. [cf. 6].»

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«(4) A questo proposito, conviene rispondere ad una obiezione allegata da Mons. Lefebvre e da quelli che lo seguono. Pretendono che  : “rifiutarsi di menzionare W. al Te igitur” è, dicono : “rifiutarsi di pregare per il Papa”. Nient’affatto. Al contrario, è EMINENTEMENTE  conveniente pregare per W. come persona privata, di pregare per lui E PER LA SUA CONVERSIONE, al Memento dei vivi. Mentre è evidentemente impossibile pregare per una persona IN QUANTO ESSA ASSUMEREBBE IN ATTO la funzione di essere il Vicario di Gesù Cristo, mentre questa persona pone degli atti che sospendono ASSOLUTAMENTE l’esercizio di questa funzione.»

Da: Il Problema dell’Autorità e dell’episcopato nella Chiesa, CLS, Verrua Savoia 2005, pp. 39-41; 55.

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