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sabato 13 febbraio 2016

"Non come la dà il mondo..."

R.P. M.L. Guérard des Lauriers : “Monsignore, non vogliamo questa pace” [ritradotta]

La recente (e credo finora unica) traduzione della Lettera, qua e pubblicata in rete, e che a sua volta sembra si riferisca ad un’altra traduzione inglese, obbligava che qualcuno provasse a tentarne di nuovo una versione dal testo originale francese, tutt’ora facilmente – e autorevolmente – reperibile on-line [*].

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[*] http://www.sodalitium.eu/index.php?pid=78


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La Risposta pubblica del R.P. Guérard des Lauriers a Mons. Lefebvre.

Guérard des Lauriers o.p. era allora professore di dogmatica a Ecône. La sua risposta resta di una attualità smagliante… La Lettera è intitolata :

“Monsignore, non vogliamo questa pace”.

*

«Monsignore,

Voi precisate, nella vostra lettera, quale potrebbe essere il protocollo di accordo tra “Ecône” e “Roma: Ecône che finora sosteniamo; Roma alla quale, contemporaneamente a voi, resistiamo.

La lealtà, che il servizio alla Verità esige, ci costringe a dichiararvelo: non vogliamo questa pace. Pare esser cosa saggia. Lo è in effetti, come Pilato volle esserlo. Gesù è deferito a Pilato, perché si presume aver detto: “Io sono il Re dei Giudei” (Giovanni XIX, 21); quando i Giudei “non hanno altro re che Cesare” (Giovanni  XIX, 15).

In realtà, Gesù non ha da esser sottomesso a Pilato per una regalità “la cui origine non è di questo mondo” (Giovanni  XVIII, 36). E Gesù non intende morire per conservare cosa qualsiasi. Gesù non intende morire che per “rendere testimonianza alla Verità” (Giovanni XVIII, 35). Poiché, checché ne appaia, Gesù “è la Verità” (Giovanni XIV, 6), Pilato dipende da Gesù, non Gesù da Pilato. Eccellenza, voi sottomette la Messa al Papa perché essa turba la celebrazione della messa “rinnovata” (Paolo VI dixit), come Gesù turbò l’ordine farisaico “insegnando in tutta la Giudea” (Luca XXIII, 5).

Ora, IN REALTA’, LA MESSA NON HA DA ESSERE SOTTOMESSA AL PAPA, perché il papa deve rispettarla. Noi vogliamo, con la grazia di Dio, testimoniare fino in fondo la Verità; non vogliamo una pace che “diminuisce la Verità” (Salmo XI, 2).

Pilato usa degli espedienti per salvare Gesù. Fallisce. Tre volte fallisce, allo scopo di mettere provvidenzialmente in evidenza che testimoniare la Verità non è possibile che nell’assoluta conformità alla Verità. Pilato crede poter rimettersi ad Erode. È doppiamente giocato : aspettandosi che Gesù sia salvato da chi voleva farlo morire; “divenendo l’amico di Erode” (Luca XXIII, 12): falsa unità, perché unità contro Colui che è la Verità.

Monsignore, voi vi rimettete al papa per conservare la Messa. E ammettete che possa esserci, nella Chiesa, e inevitabilmente di fatto nella stessa chiesa, la Messa che è LA MESSA e la “messa rinnovata”. E vi aspettate che: “L’unità si ritroverebbe immediatamente a livello del Vescovo locale”.

Così, l’unità della chiesa non sarebbe più irraggiamento dell’unico Sacrificio “che il Cristo ha affidato alla sua Sposa beneamata”? L’unità non sarebbe più quella della “Gerusalemme celeste che è libera e che è nostra madre” (Gal IV, 26); essa si troverebbe degradata nella giustapposizione sotto il giogo dell’adesione incondizionata. Parodia di unità! Sacrilegio contro l’unità! Monsignore, non vogliamo questa pace, non vogliamo questa unità, che sarebbero contrarie alla verità, contrarie alla santità della Chiesa, contrarie alla Libertà che dona solo lo Spirito di Verità. Pilato per “salvare” Gesù lo assimila a Barabba (Marco XV,9). Come ha potuto Pilato, burlandosi della Giustizia di cui si ritiene essere il rappresentante, mettere in conto che una folla indecisa imponesse la giustizia a coloro che la comandavano? Pilato non poté che lavarsi le mani (Matt. XXVII, 24).

Monsignore, per salvare la Messa che è la Messa, l’assimilate alla messa “rinnovata”, in nome della Religione di cui fate professione. Come potete mettere in conto che, istruiti dal vostro esempio, i panurghi, tanto concilianti quanto oscillanti, che seguono voi a metà piuttosto che la Verità, vadano a restaurare il senso della Religione vera nella Chiesa occupata dai “grandi sacerdoti” del dio dell’Universo? Non si siede a tavola con Satana. È l’inferno che è pavimentato di queste buone intenzioni che giustificano i mezzi con i fini, un male certo con l’illusione del bene.

Monsignore, non vogliamo questa pace che sacrifica le esigenze della Religione “in Spirito e in Verità” (Giovanni IV, 23) alle effimere soddisfazioni di una possessiva tranquillità. Pilato “non ha trovato nulla in Gesù che meritasse la morte” (Luca XXIII, 15). Tuttavia è proprio “facendo castigare Gesù” (Luca XXIII, 16) che Pilato si aspetta di comprare dai Giudei la liberazione del loro Prigioniero. Non è vero che l’ordine pubblico vale bene qualche colpo di frusta, anche immeritato? Pilato fallisce. Il solo risultato è che la Carne del Verbo incarnato è dilaniata, il suo Sangue sparso, Lui stesso umiliato.

Monsignore, se ci fossero nella Chiesa, quod Deus avertat ma come voi vi augurate, la Messa che è la Messa e la messa “rinnovata”, le astute consultazioni del “popolo di Dio”, scaldato a puntino e lavorato ad arte, si prenderebbero gioco della Messa della minoranza. Il solo risultato sarebbe che le pratiche sacrileghe oltremodo diffuse ma attualmente prive d’oggetto, avrebbero tutta la loro odiosa portata nei riguardi della Presenza reale recuperata. Monsignore, ci avete pensato? La falsa sicurezza, illusoriamente fondata sulla sottomissione incondizionata a coloro che tutto hanno fatto per distruggere la Chiesa, dovrebbe quindi essere pagata infliggendo a Cristo crocifisso il completamento di una flagellazione più insolente di quanto sia mai stata?

Monsignore, non vogliamo questa pace che sarebbe carica di tanti peccati. È a noi, a noi e non a Cristo crocifisso che incombe di “completare” (Col. I,24) ciò di cui, senza noi, la flagellazione rimarrebbe priva. Monsignore, il vostro protocollo di pace dà il colpo di grazia alla fiducia che non ci è più possibile avere in voi, né per la questione della Messa né per quella dell’ “autorità”.

Avete celebrata la “messa rinnovata” dall’inizio dell’aprile 1969 fino al 24 dicembre 1970.

Il 5 maggio 1969, alcuni amici che vi veneravano, di cui faceva parte il firmatario di queste righe, erano venuti ad assistere alla messa che celebravate all’altare in cui riposa la reliquia di San Pio V, nella basilica romana di Santa Maria Maggiore. Stupore, scandalo, dolore! Sulla tomba di San Pio V, è la “messa rinnovata” che avete celebrata! Alla fine, sul sagrato, forzato da una interrogazione ad un tempo rispettosa e rattristata, avete dichiarato: “Se si vedesse che Monsignor Lefebvre celebra la Messa tradizionale, si rischierebbe di scandalizzare”.

A questi stessi amici, che da voi incoraggiati lavoravano all’elaborazione del testo poi divenuto la Lettera dei Cardinali Bacci e Ottaviani, avete dato rassicurazioni confortanti: “Avremo seicento vescovi”. C’era certamente di che scuotere il papa! Ora, non ci fu un solo vescovo, neppure uno e nemmeno voi.

In effetti, in realtà, eravate più preoccupato di “non scandalizzare”, che di difendere la Verità. Ci crediamo preoccupati che la vostra lettera n° 16 vi riveli immutato.

Avete continuato a celebrare la “messa rinnovata” a Friburgo, a Ecône. Le prime speranze tuttavia si concretizzavano: Bernard Tissier de Mallerais, Paul Aulagnier, Bernard Walz, tre altri. Il 24 dicembre 1969, alla fine del pranzo di mezzogiorno, il Padre domenicano che firma queste righe, e che allora soggiornava ad Ecône, affettuosamente ironizzò :

“Monsignore, è un peccato che, sostenendo la Tradizione, celebriate una cosiddetta “messa rinnovata” che non è la messa della Tradizione”. Questa semplice osservazione diede letteralmente fuoco alle polveri. I “sei”, tutta la vostra vivente speranza, esplosero. Ciascuno alla sua maniera, e tutti insieme, vi ripeterono la stessa cosa : “come fondare la fedeltà alla Tradizione, su di una “messa” ch’è stata “rinnovata” contro la Tradizione?”. L’incidente fu assai veemente, e d’altronde chiuso assai in fretta. Ora, checché ne sia di un nesso causale che dipende dallo Spirito Santo e dal foro interno, in quella notte tra il 24 e il 25 dicembre 1970, alla Messa di mezzanotte, avete ripreso, con gran gioia di tutti, il rito promulgato da san Pio V.

Certamente avete seguito lo Spirito Santo. Tutto è avvenuto come se, ahimè, aveste seguito le vostre truppe. E, da allora, avete seguito la stessa tattica. Se non sosteneste la Messa tradizionale, il Seminario di Ecône sarebbe privo di finalità; e coloro che vi sostengono si troverebbero in obbligo di abbandonarvi.

Ma mai avete proceduto seriamente ad un esame dottrinale della “messa rinnovata”. Ne affermate la validità, senza giustificarla. E avete assegnate “consegne” di cui numerosi fedeli e anche seminaristi formati a Ecône, hanno potuto trarre di tutto. Ed ecco che ora – ciò non è che tutto troppo disgraziatamente coerente – ammettete che possa esserci, nella Chiesa, Messa e messa. È l’ecumenismo “intra muros”, il parossismo del falso ecumenismo che sostituisce una ingannevole unione alla vera unità, la sottomissione incondizionata alla Libertà normata dalla Verità.

Allo stesso modo, Monsignore, ammettete che possa esserci una “interpretazione tradizionale del Vaticano II”, mentre avete scritto, Deo gratias e grazie a voi, “J’accuse le Concile”.

Perché vi rifiutate di enunciare chiaramente, a proposito dell’ “autorità”, i principi ai quali rinviano ineluttabilmente le assennate vostre accuse? Mentre imitando vostro malgrado i falsi profeti “che conducono nella fossa” (Matt. XV, 14), annunciate una falsa pace seguita da una falsa prosperità! Occorre: o tacersi, o parlare. E non proclamare l’errore e tacere la verità. È con profondo dolore, credetelo Monsignore, che siamo obbligati, in coscienza, a farvelo osservare.

Non possiamo più confidare in voi. Non siamo “contro di voi”, e siamo ancora “per voi”; non possiamo più essere “con voi”. Contate di salvar tutto con la Fraternità San Pio X; tutta la Chiesa, certo, vi sarà grata di ciò che avete fatto. Ma, Monsignore, promettete troppo perché sia vero. Ricordatevi dei seicento vescovi, tra i quali non siete stato. Ricordatevi che se “il 5 maggio 1975 avete a tutti i costi resistito [contro Roma]” fu opponendovi a coloro sui quali ora pensate potervi sostenere, coloro di cui siete vittima perché inseguite.

Non possiamo più, Monsignore, “essere con voi”.

Non siamo “incondizionati” che alla Verità.



Giovedì Santo 12 aprile 1979


M.L. Guérard des Lauriers o. p.

In memoriam :

per un gruppo di fedeli legati alla Tradizione

Giovedì Santo 3 aprile 1969»


Due note di Sodalitium:

(*) In un’altra versione di questa lettera, quella giustamente pubblicata dalla rivista Einsicht, la lettera finisce differentemente (riguardo alle righe in grassetto alla fine della lettera qui sopra):

«Mercanteggiate, Monsignore, l’amicizia del gran sacerdote.

“Lasciate fare, lasciate fare” e siamo ottimisti.

Con Jean Madiran promosso a Giovanni Battista (Itinéraires n°29).

Possa Roma interdire la via di perdizione e infine costringervi nella vera Tradizione.

Male incolga la vostra pace, essa è opera del Traditore.»



(*) Il Giovedì Santo 3 aprile 1969 è la data di “promulgazione” della nuova messa a opera di Paolo VI, al quale pubblicamente si è opposto il R.P. Guérard con la redazione del Breve esame critico, documento di riferimento, ancora oggi, per tutti i cattolici che si oppongo alla nuova messa… Su questo argomento, vi raccomandiamo le registrazioni della conferenza dedicata a Mons. Guérard des Lauriers, che ha avuto luogo a Parigi il 25 ottobre 2008.

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