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sabato 13 febbraio 2016

destra e sinistra... della fsspx

Abbé Belmont : «Frattura nella fraternità San Pio X : se non è zuppa è pan bagnato»

Quali alternative sono possibili oggi per i cattolici, specialmente alla luce delle recenti concessioni fatte da Francesco I alla fsspx (vedi qui e qui), per continuare a resistere nella Fede? Non altre di quelle disponibili, si direbbe. Certamente non rappresentano un’alternativa reale – se mai a qualcuno fosse venuto in mente – quanti oramai un annetto fa (15 Luglio 2014) dopo essersi separati dalla fsspx hanno fondato l’Unione “Marcel Lefebvre”, per il semplice motivo che di nuovo fanno propria la stessa ed identica dottrina fallibilista. A tale puntualizzazione risulterà utile il seguente o meglio i seguenti interventi di don Hervé.

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Frattura nella fraternità San Pio X : se non è zuppa è pan bagnato.

di Don Hervé Belmont

8 Ottobre 2014


Ma perché, perché quindi non parlate dell’«unione sacerdotale Marcel Lefebvre», di questi preti coraggiosi che hanno scelto la via della fedeltà separandosi dalla fraternità San Pio X che va verso il ricongiungimento? Avreste delle diffidenze nei loro confronti?

– Ma perché dunque ne parlerei? Per dire la tristezza di una nuova divisione che ha come effetto scandalizzare le anime e introdurre una guerra senza alcun profitto per la dottrina cattolica, per la santificazione dei cristiani, per lo splendore della Chiesa?

L’opposizione tra la Resistenza e il Lealismo (i due partiti si nominano essi stessi più o meno a questa maniera – la maiuscole sono di rigore!) è un’opposizione all’interno dello stesso mondo, con le medesime carenze dottrinarie e le medesime aberrazioni canoniche.

La dichiarazione iniziale dell’unione sacerdotale non prospetta alcun ritorno alla dottrina cattolica; non contiene alcuna riprovazione in merito all’edificazione di una gerarchia acefala; alcun rinnegamento dei pretesi annullamenti di voti e matrimoni o delle dispense di impedimento di matrimonio; alcun pentimento per confermazioni (sicuramente invalide) conferite da semplici preti. Sicché tra Resistenza e Lealismo, se non è zuppa è pan bagnato. C’è una spaventosa sproporzione tra i mali (reali) prodotti da una lotta fratricida e il bene (immaginario) che presume giustificare tutto questo fracasso. Si critica la zuppa, si incita a lasciare la zuppa, si mette la zuppa alla gogna, e si fa pan bagnato.

Per passare dall’una all’altra, si è seminate divisione, confusione, detrazione e rivalità; si è sviluppato un comportamento (ancor più) anarchico. È una grande tristezza vedere le famiglie lacerate, le cappelle divise, la guerra sorta ovunque – e le anime sconvolte – per niente.

E poi… quale obbligazione ci sarebbe, per chicchessia, ad avere un’opinione su tali persone, tali movimenti, tali posizioni? Ciascuno tra noi è tenuto a professare la fede cattolica nella sua integrità (quindi a conoscerla, studiarla, meditarla, applicarla), ma niente affatto ad emettere un giudizio né ad avere un’opinione a proposito di fatti contingenti, oscuri, ondivaghi, tristemente umani (troppo umani…). Tanto più vero che l’unione sacerdotale in questione rinvia nel campo dell’opinione verità che interessano in maniera vitale l’esercizio della fede cattolica, come il pontificato di un Papa o l’ecumenicità di un concilio (1).

D’altronde… ho già due volte affrontato la cosa, anticipando sugli avvenimenti. Non ho niente da aggiungere, poiché niente è cambiato e tutto era facilmente prevedibile. Riporto qui sotto quei due testi.

La sola cosa positiva della faccenda è che lo (pseudo-)dogma (mai enunciato ma sempre in vigore) «Fuori della fraternità San Pio X non c’è salvezza» che da decenni dirotta tante anime e cuori dallo studio sereno e obiettivo della dottrina cattolica, è andato in frantumi.

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(1) Il fatto che tal dei tali sia Papa è un fatto dogmatico, un fatto che, benché contingente, costituisce la regola prossima della fede cattolica. Anche se, in un tempo di confusione, è difficile discernere al primo colpo, niente cambia nella natura della cose.

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Estratto da Notre-Dame de la Sainte-Ésperance n. 268 del mese di Maggio 2012

… Se quindi una parte dei sacerdoti della Fraternità rifiuta il preambolo dottrinale o la situazione canonica che ne conseguirà, e compie secessione, restano diverse possibilità:

1. Si costituisce una Fraternità-bis, per esempio una fraternità San Marcello, sotto l’obbedienza di uno, di due o di tre vescovi, la quale si proclama l’unica e autentica fondazione di Mons. Lefebvre (giacché infine, è questo il riferimento intoccabile).

Due cose sono allora da temere: la prosecuzione dei medesimi errori dottrinali ; la grande guerra per il possesso dei priorati, degli averi bancari e degli altri beni materiali : gli avvocati si arricchiscono e i nemici della Chiesa gioiscono.

2. I «dissidenti», rimanendo dispersi, continuano qua e là un apostolato personale. Cosa allora sarà possibile fare per aiutarli? Chiunque si è in effetti trovato in una situazione analoga sa quanto il sostegno della carità sacerdotale sia prezioso.

Ecco quindi il mio parere.

– Non vedo nulla che si possa fare (eccetto la preghiera) per coloro che chiamo i neo-preti (ordinati da un vescovo consacrato senza mandato apostolico); solo l’autorità suprema della Chiesa (quando sarà ristabilita e se lo vorrà) potrà rimediare ciò che manca alla loro ordinazione sacerdotale : l’integrazione nel clero cattolico ;

– gli altri preti sono stati impregnati, per una trentina d’anni almeno, da false dottrine e dall’abitudine ad un libero esame che sceglie tra gli atti che afferma provenire dall’autorità legittima quelli che gli convengono.

È qui che conviene venire in loro aiuto, affinché possano rendersi conto degli errori che si è loro insegnati e martellati al punto da non discernerne più la malizia né la contrarietà alla tradizione cattolica.

Quando, per grazia di Dio, avranno penetrato la serietà dell’una cum del Canone della santa Messa, compresa l’esigenza dell’unità della Chiesa e della sua gerarchia, professato l’integrità della fede cattolica, ci rallegreremo del loro zelo e della loro virtù.

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Estratto da Notre-Dame de la Sainte-Esérance n. 289 del mese di Marzo 2014

Deserto dottrinale.

Il 7 Gennaio 2014, una sparuta cinquantina di sacerdoti della fraternità San Pio X (o assimilati) ha firmato una Lettera ai fedeli, proclamando : «Secondo l’esempio del grande prelato [Mons. Marcel Lefebvre], intrepido difensore della Chiesa e della Sede apostolica, noi invece rifiutiamo ed abbiamo sempre rifiutato di seguire la Roma neo-modernista e neo-protestante che si è manifestata nel Concilio Vaticano II, e, dopo il Concilio, in tutte le riforme e orientamenti che ne se sono scaturiti.»

Questa lettera è specialmente motivata, dicono, dal fatto che : «Dopo l’anno 2000 e soprattutto a partire dal 2012 le autorità della Fraternità Sacerdotale San Pio X compiono il camino inverso riavvicinandosi alla Roma modernista.»

L’affermazione chiara e ferma di un rifiuto degli errori che sono contenuti nel Vaticano II o che ne sono scaturiti non può che attirare simpatia. Ma questo primo moto di stima non basta perché si resti accecati dal gran vuoto dottrinale manifestato da questa Lettera, tanto in se stessa che nelle sue considerazioni e esplicazioni che l’accompagnano.

La fraternità San Pio X soffre di un grosso problema dottrinale: da decenni tace (nel migliore dei casi) o nega (in teoria e in pratica) tutto un lato della dottrina cattolica: quello che riguarda l’autorità della Chiesa, e quella del sovrano Pontefice in particolare, quello che riguarda l’infallibilità, l’unità della gerarchia cattolica (ch’è episcopale), la natura e la devoluzione della giurisdizione, e il vincolo dell’obbedienza.

La Lettera ai fedeli, non solamente non fa parola di questo problema, ma si pone esattamente nella stessa prospettiva eterodossa. Vale a dire che il fondo della loro opposizione non è il desiderio di tornare alla verità dell’insegnamento della Chiesa, ma unicamente una questione di « politica ecclesiastica », di tattica di fronte a Roma, di valutazione di ciò che occorre dire o non dire ai fedeli perché continuino a seguire e a credersi in sicurezza.

Ciò va a aumentare la confusione e generare inimicizia, senza alcun profitto per la dottrina cattolica, per l’amore della Chiesa, per la testimonianza della fede.

Ma non ci siete affatto! E lo fate apposta ! Si tratta di trattenere la Fraternità dalla via del ricongiungimento, di mettere in guardia i fedeli da questa china pericolosa, persino mortale.

– Lo ammetto : lo faccio apposta. Ma per darvi l’occasione di riflettere trenta secondi. Per opporsi al ricongiungimento… ricongiungimento a chi? Ricongiungersi al Papa è l’abbiccì del cattolicesimo : il Papa è la regola vivente della fede, la fonte della giurisdizione, il riferimento dell’unità della Chiesa. Essere ricongiunti al Papa, è semplicemente essere cattolici.

Non vede quindi che ricongiungersi a Francesco I, è accettare il modernismo, la religione conciliare, il liberalismo; negare la regalità sociale di Gesù Cristo, entrare nell’universo dei sacramenti dubbi, del vuoto dottrinale ?

– Riguardo al vuoto dottrinale, vi ci trovate già. Ricongiungersi al Papa, è semplicemente ricongiungersi a Gesù Cristo : aprite il Vangelo, interrogate la Tradizione (quella che merita veramente la maiuscola), ascoltate il Magistero permanente della Chiesa : sono quasi duemila anni di Parola divina che intenderete e che ve lo ripeteranno senza variazione, senza attenuazione, senza esitazione.

Se veramente ricongiungersi con Francesco I significa essere indotti a separarsi da Gesù Cristo – e qui non posso negare che abbiate ragione – allora o Gesù Cristo ci ha mentito, o Francesco I non è Papa. Siccome Gesù Cristo è la Verità eterna e la Santità sussistente, non resta che una soluzione. Se quindi volete continuare ad affermare la realtà del pontificato di Francesco I, vi condannate ad errare (nei due sensi del termine): per affermare una verità di fede ne negate un’altra, e reciprocamente, e senza fine: ciò non può che finir male.

Qui ancora non ci siete, qui ancora lo fate apposta ! Se la lettera ai fedeli non fa riferimento al magistero della Chiesa, fa di meglio : fa riferimento a Mons. Lefebvre. Non è lui il modello per il combattimento, la sola referenza che possa unire i cattolici fedeli ? Ed è precisamente questa la fedeltà che la Lettera rivendica. Del resto le questioni dottrinali non sono competenza dei laici.

– Se esprimete il pensiero degli autori della Lettera, c’è da preoccuparsi. Tentiamo di sbrogliare la matassa che la vostra obiezione nasconde.

Le questioni dottrinali non sono competenza dei laici… Ma per chi li prendete? Sono battezzati, hanno ricevuto la luce delle fede in Gesù Cristo, appartengono alla sua Chiesa militante, devono plasmare la loro vita quotidiana di questa fede. Come essere e fare tutto ciò senza conoscere qual è la regola della fede, senza rettitudine dottrinale, senza che la fede domini e vivifichi tutta la loro intelligenza ? […]

Mons. Marcel Lefebvre… Sì, fu un uomo di grande merito. Ma infine, non è e non è mai stato al di sopra del Magistero della Chiesa, al di sopra dell’autorità del sovrano Pontefice : non ha mai considerato né rivendicato una tal cosa. Il Buon Dio ha richiamato a Sé Mons. Lefebvre da quasi vent’anni, e si pretende che eserciti ancora una sorta di magistero che non ha mai posseduto da vivo, e che nessun papa ha mai posseduto dopo morto: non ha senso. […]

La carenza della Lettera ha certamente un’altra ragione […] : avendo preso l’abitudine a vivere senza un vero riferimento dottrinale, i firmatari sono lontani dall’essere d’accordo tra loro sulle grandi questioni della Chiesa. E siccome la loro proposta è tattica, sulla dottrina si trovano a un vicolo cieco. Può essere abile ma è catastrofico. Le stesse cause produrranno gli stessi effetti.

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