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lunedì 8 febbraio 2016

Prudenza gallicana (*)

Si dice che la posizione teologico-ecclesiale della FSSPX abbia il merito di mantenere la necessaria prudenza, riguardo il giudizio da esprimere nei confronti delle cause dell’attuale crisi che investe la Chiesa. Da oramai cinquant’anni a questa parte (a datare dalla promulgazione del “Concilio Vaticano II”, ma già dall’elezione di Angelo Giuseppe Roncalli) le responsabilità sarebbero da cercare nella cattiva amministrazione delle cose della Chiesa, fatta da dei “cattivi Papi”.

Alla “logica teorica” di Padre Guérard des Lauriers – che ritiene che Paolo VI sia Papa “materialmente, ma non formalmente” – Mons. Lefebvre preferisce “una saggezza superiore : la logica della carità e della prudenza” […] «Io preferisco [diceva mons. Lefebvre] fino a questo momento considerare Papa colui che, quanto meno, è sul Seggio di Pietro; e se un giorno si scoprirà che questo Papa non era Papa, avrò fatto ugualmente il mio dovere”. (B.T. de Mallerais, Mons. M. Lefebvre. Una vita, ed. it. Tabula fati, Chieti 2005, pp. 574-575).

Ci si aspeterebbe con ciò – così com’è successo a me di aspettarmi – di sentirsi magari dire che non si sa davvero se l’attuale eletto del Conclave sia o non sia davvero Papa, ammessa la possibilità che non lo sia, ma che sarebbe meglio astenersi dalla questione (ammesso sia consentito farlo). Non è però ciò che vien detto, bensì si ripete abitualmente con sicurezza che tutta la serie degli eletti dai Conclavi a datare dal 1958 furono e sono “realmente” Papi della Chiesa Cattolica, solo però “cattivi”, e che, come tali, nell’esercizio del loro insegnamento “sbagliarono”.

Ora, dovè sta la prudenza in un simile giudizio? Quando con esso si dice che il Papa della Chiesa Cattolica può sbagliare nel presiedere un Concilio ecumenico, al quale di regola comunica le proprie prerogative divine – che vien detto abbia enunciato delle eresie; errare nel promulgare in nome di Dio i documenti prodotti dallo stesso Concilio (**) – per questo non vincolanti; errare nel promulgare il nuovo Diritto Canonico della Chiesa – che instaura ordinariamente la prassi ecumenista; errare nel promulgare l’Ordinario della Messa – che così non può adempiere il precetto festivo perché pecca contro la fede; errare nel proclamare le nuove canonizzazioni – da giudicare dubbie; errare nell’approvare gli statuti di una qualche associazione mista di fedeli (il Cammino Neocatecumenale) che, se raccoglie qualche decina di migliaia di adepti, allontana però dalla fede conducendo all’eresia e al sacrilegio?

Che tipo di fede sarebbe quindi quella cattolica? In nome di quale principio si potrebbe sostenere tutto ciò, e far salvo che : “Con fede divina e cattolica si deve credere tutto quello che si contiene nella Scrittura e nella Tradizione e che dalla Chiesa viene proposto come rivelato, sia che la Chiesa lo faccia con magistero solenne oppure ordinario e universale” (Dei Filius, cap. 3) – conto tenuto che nella materia di quest’ultimo, detto oggetto secondario di infallibilità, vengono incluse le conclusioni teologiche, i fatti dogmatici, le canonizzazioni, la legislazione eclclesiastica.

Il primato d’infallibilità magisteriale del Papa, ch’è un carisma e non una semplice grazia di stato, è quindi davvero reale o più semplicemente esprime solo una connotazione “onorifica”?

Queste ed altre sono tutte questioni che la predicazione della FSSPX non può che suscitare. Domande che però mettono in discussione direttamente la fede e che, ciò facendo, non possono essere ricondotte ad una posizione dottrinaria che possa dirsi anche di tipo “prudenziale”. A meno che la virtù della “prudenza” non venga qui richiamata nel senso delle virtù politiche… dato che nel clima post-conciliare, variamente sviluppatosi in questi anni, sembrerebbe meglio accetto un tratto “tradizionalista” di taglio gallicano che uno che tenga a ribadire gli enunciati del Vaticano I.

NOTE.

(*) «Gallicanesimo : è un complesso di teorie maturate in Francia, specialmente nel sec. XVII, che tendevano a restringere l'autorità della Chiesa di fronte allo Stato (Gallicanesimo politico) o l'autorità del Papa di fronte ai Concili, ai Vescovi, al Clero (Gallicanesimo ecclesiastico-teologico). Le radici lontane del Gallicanesimo vanno ricercate nella letteratura polemica che accompagnò la lotta tra Bonifacio VIII e Filippo il Bello, re di Francia, e poi nel torbido periodo dello Scisma d'Occidente, che espose al ludibrio la dignità pontificia contesa dai vari antipapi. Pietro d'Ailly, che ebbe molta parte al Concilio di Costanza (1414-1418), raccogliendo e sviluppando principi di altri scrittori che lo precedettero, formulò tutta una dottrina intorno alla superiorità del Concilio sul Papa e alla giurisdizione dei Vescovi e del Clero come derivata direttamente da Dio, non per mezzo del Papa. Quattro articoli celebri furono approvati, sotto la presidenza tumultuosa del d'Ailly, già cardinale, al Conc. di Costanza, che rispecchiano la dottrina antipapale di lui. Ad essi si appellarono i Gallicani del sec. XVII come ad articoli di fede definita, mentre Martino V e Eugenio IV non riconobbero come legittimi quegli articoli. Un altro precedente del Gallicanesimo è la Prammatica sanzione di Bourges (1438), compilata dal clero e firmata dal re di Francia Carlo VII, nella quale si ripetono i principi intorno alla superiorità del Concilio di fronte al Papa, definiti da una frazione del Conc. di Basilea ribelle agli ordini di Eugenio IV. Ma il Gallicanesimo si eresse ufficialmente a sistema nel sec. XVII, sotto Luigi XIV, assolutista nel campo politico e religioso. L'ambiente francese, anche nelle università come la Sorbona, era ormai saturo di dottrine avverse alla giurisdizione del Papa: Pietro Pithou (†1596) e Pietro Dupuy (†1651) avevano redatto e commentato con lusso di erudizione l'elenco delle Libertés de l'Eglise gallicane; il Dupuy era incoraggiato dall'astuto Richelieu. La questione delle regalie (per cui il re percepiva i frutti di vescovadi vacanti) mosse Luigi XIV a raccogliere un'assemblea generale del clero (1681), da cui venne fuori una Dichiarazione del clero gallicano in 4 articoli, compilata dal Bossuet, che fu subito sancita e promulgata dal re (1682):

Art. 1. Indipendenza assoluta dei re e dei principi nelle cose temporali di fronte all'autorità ecclesiastica.
Art. 2. Il Papa è subordinato ai Concili generali.
Art. 3. L'autorità pontificia è moderata dai sacri canoni e ad ogni modo non può toccare le regole e le consuetudini della Chiesa gallicana.
Art. 4. Il giudizio del Papa non ha valore se non vi accede il consenso della Chiesa.

Essi sono condannati : DB, 1322 e 1598. Questi 4 articoli riappariranno nei 77 art. organici aggiunti abusivamente da Napoleone I al Concordato stipulato con Pio VII (1802).

BIBL. - P. Paschini, Lezioni di storia ecclesiastica, Torino, 1931, III, p. 61 ss.; 339 ss.; v. i due esaurienti articoli sul "Gallicanisme", nel DA e DTC; M. Maccarone, "Gallicanesimo", in EC; F. Callaey, Praelectiones Historiae Ecclesisticae Modernae, Roma, 1955.
P.P.»
(da : P. Parente-A.Piolanti-S.Garofalo, Dizionario di teologia dommatica, IV ed., Editrice Studium, Roma 1957, pp. 170-171)

(**) «Tutte e singole le cose stabilite in questo Decreto/questa Dichiarazione piacquero ai Padri. E Noi con la potestà Apostolica conferitaCi da Cristo, unitamente ai venerabili Padri, nello Spirito Santo le approviamo, decretiamo e stabiliamo, e ciò che è stato sinodalmente stabilito, comandiamo che sia promulgato a gloria di Dio. [...] Io, PAOLO, Vescovo della Chiesa Cattolica. (Seguono le firme dei Padri).»



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